Abbiamo visto in precedenza quanto l'arte, se vuole tornare
ai fasti di un tempo, deve accettare parte delle regole economiche,
comunicative e persino estetiche dettate dai media e dai social media. Tutto
ciò è legato solo al successo e al benessere dell'artista? Diviene importante
soltanto per dare all'arte una posizione nelle abitudini sociali della
popolazione italiana e non?
Niente affatto! L'arte dovrebbe imporsi alla stregua di una
moda o ancora meglio di una tendenza per il suo valore intrinseco ossia la sua
natura rivoluzionaria. Il teatro, la pittura etc. sono strumenti di analisi del
reale e se l'artista vuole, e deve volerlo, può essere una fabbrica di
strumenti atti al cambiamento, mezzi messi a disposizione del pubblico che in
questo modo poi torna a coincidere col popolo. Insomma rendere l'arte fruibile
significa dare ai più, specie a chi non ha strumenti profondi di comprensione,
la possibilità di capire per davvero ciò che non va nella propria
contemporaneità e soluzioni concrete per poter riparare queste falle. La vera
sovversione estetica dunque non è realizzare un'arte elitaria,
autoreferenziale, difficile da comprendere. La commerciabilità, la fruibilità
... questa è la vera rivoluzione!
L'arte deve essere democratica se vuole essere per davvero
impegnata! Per carità può anche avere altri obiettivi, scegliere di guadagnare
poco e ancor di più piacere ad un pubblico selezionato. Ed è anche vero il
contrario, nel senso che si può scegliere liberamente di piacere ad un pubblico
ampio col solo scopo di guadagnare, realizzando i prodotti cosiddetti
commerciali. In entrambi i casi però ci si chiede a pro di che? Quali benefici
comporta un'arte incomprensibile o viceversa totalmente legata al gusto del
momento, vuota di qualsiasi scopo e di qualsivoglia contenuto sociale? Nessuno
ma comunque è giusto che in una società ci sia, per i fruitori, la possibilità
di scelta. Mi riferisco però sopratutto a quell'intellighenzia intransigente
che ritiene "arte" solo quella impegnata ed elitaria. Trovo inconcepibile
che qualsiasi prodotto pittorico, musicale, cinematografico per quanto di
consumo, non debba essere definito con questo termine ed ancor di più non
dovrebbe esistere, perché non risponde a certi canoni.
Tutto ciò che esiste merita di esserci per il semplice fatto
di essere stato concepito e sopratutto realizzato. Perché l'arte è prodotto
umano, dunque è frutto del popolo e a questi deve ritornare. Il popolo è un agglomerato
di tanti tipi di persone e per tale ragione che troviamo tanti generi di film,
di musica e così discorrendo. Ora però andiamo al nocciolo della questione. Per
quanto dunque abbia premesso l'importanza dell'assoluta varietà dei prodotti
artistici, ritengo che ad oggi, la nostra situazione sociale, economica e
politica dovrebbe spingere gli artisti presenti ma sopratutto quelli emergenti,
le voci estetiche future, ad un'arte radicalmente sovversiva.
Il sistema attuale è marcio sotto troppi punti di vista. Vi
sono tanti problemi e dunque tanto bisogno di soluzioni ma ancor di più di
stimolare le persone ad agire, facendole capire che loro possono fare e che non
tutto sia perduto. Se volessi poi addirittura valicare i confini italiani
potremmo discutere di problematiche globali quali l'inquinamento su cui pure
bisogna ragionare ma ancor di più far adottare alle persone le abitudini
giuste.
Si ha dunque una gran possibilità: aizzare il pubblico. Per
farlo non bisogna avere paura nel sostenere idee ed atteggiamenti sovversivi,
nuovi e con modalità forte e politicamente scorretto. Perché ad oggi bisogna
scuotere l'opinione pubblica affinché questa decida di discutere di determinati
argomenti. Siamo nella società della chiacchiera ed è necessario che lo
scalpore spinga a far fuoriuscire certi problemi e certe soluzioni con i
rispettivi sostenitori e antagonisti.
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