giovedì 14 giugno 2018

Servono case di rifugio statali per LGBT



Partiamo da una domanda fondamentale: cosa ci impedisce di commettere un reato? La certezza della pena, la consapevolezza di una severa punizione, i nostri principi morali o l'impossibilità fisica di poter fare una cosa? Non sto parlando ne in senso astratto, ne partendo dal presupposto che ogni individuo è un fatto a se e che dunque se a me frena l'idea di dover scontare trent'anni di carcere ad un altro potrebbe non spaventare l'idea!

Sto parlando proprio di un'ipotesi reale. Mettiamo il caso che io e una persona che odio a morte ci ritroviamo in uno spazio ben definito e delimitato. Quale fra queste situazioni rendono per davvero improbabile che la mia rabbia nei suoi riguardi si traduca in un gesto efferato?

Il fatto che io sia sicuro che commesso il crimine venga giustamente punito,  la conoscenza degli anni di carcere che potrei scontrare, il rispetto che io ho per la mia vita e dunque per quell'altrui, il fatto che il mio rivale possa trovare una struttura, pronto ad ospitarlo, nel caso in cui ci sia un'alta probabilità che io voglia fargli del male?

Per assurdo e per astratto, già l'ultima probabilità appare come quella più sicura per il soggetto a rischio. Nel primo caso infatti la disperazione potrebbe portarmi ad accettare il mio destino ossia la condanna verso cui sto andando. Nel senso che non ho più nulla da perdere e per quanto mi riguarda posso barattare la mia libertà per il piacere di vedere morto il soggetto in questione. E dunque ciò vale anche per la seconda ipotesi. Ancora più fragile appare il discorso etico, in quanto se fosse la sola morale a trattenerci e nessun pericolo oggettivo sul piano del nostro benessere materiale, a quest'ora si sarebbero consumate non poche tragedie. In ogni caso invece l'idea per cui io abbia l'impossibilità strutturale di commettere il crimine, garantisce il massimo delle possibilità che il reato non avvenga.

Prendiamo in analisi il problema della guida in stato di ebbrezza. Anni e anni di multe salatissime, patenti ritirate, veicoli sequestrati, condanne penali esemplari ed anche spot pubblicitari, campagne di sensibilizzazione, film, serie tv e quant'altro eppure ad oggi stanno arrivando sul mercato le prime vetture con alcool test incorporato, le quali non si accendono se il conducente non risulta sobrio, rendendo dunque impossibile al 100% che una persona possa guidare ubriaca. E nonostante le persone ad oggi sanno bene quanto sia pericoloso guidare con uno stato alterato e quanto si rischi dal punto di vista legale, soltanto quando le vecchie vetture saranno rimpiazzate dalle nuove, potremmo avere la sicurezza che nessuno si potrà mettere al volante dopo aver consumato del vino.

Tornando poi al discorso precedente, nel concreto, fra le probabilità inquadrate, la quarta risulta addirittura rafforzata. Perché ad oggi troppi sono gli esempi di ingiustizie che sminuiscono la nostra fiducia nella legge e nelle istituzioni, oltre al fatto che in un raptus di follia un individuo vede  sparire ogni sua convinzione etica, tutte le sue paure e la totale conoscenza dell'esistenza di forze dell'ordine e di un codice penale.

In questo percorso possiamo trovare una tappa necessaria che risulti poi essere assai attuale ossia la sicurezza delle cosiddette "minoranze", termine che non ritengo adeguato nel definire un qualsivoglia essere umano. Nello specifico trovo che la comunity LGBT abbisogna di strutture che ne garantiscano non solo la sicurezza ma anche la giustissima possibilità di essere se stessi ed esprimere la propria identità.

Mettiamo il caso di una ragazza lesbica picchiata dal padre per il suo orientamento sessuale. Per carità lei, come qualsiasi altro cittadino, ha a disposizione alcuni strumenti per tutelare la sua persona, come una denuncia. E poi dopo cosa accade? Potrà mai restare in quel nucleo familiare che ogni giorno la priva della dignità? Con quale tranquillità potrà condividere uno spazio vitale con la stessa persona che ha denunciato? Potrà vivere con gli zii, gli amici etc andando a zonzo come un pacco postale. E non è forse questa un'ulteriore forma di violenza dell'identità dell'individuo? Non è raro poi che un intero contesto familiare o addirittura un intero paesino possa trovare  deplorevole un naturale orientamento sessuale quale l'omosessualità. In quel caso il soggetto potrebbe sentirsi solo e potrebbe vivere una reale e costante minaccia. Per non parlare poi della spada di Damocle che rappresenta il poter essere cacciati di casa da un momento all'altro. Una sorta di moderna scomunica genitoriale, uno strumento che certe madri e certi padri, privi di scrupoli, adoperano per impedire ai loro figli di vivere con naturalezza la loro sessualità e di poterne parlare pubblicamente.

Quindi, tornando al discorso che abbiamo fatto in precedenza, possiamo capire quanto delle strutture per ospitare gli individui LGBT possano impedire fisicamente ad omofobi violenti di commettere gesti di ogni genere che vanno dal vandalismo all'aggressione vera e propria e che purtroppo ancora oggi spesso sfociano in omicidi veri e propri.

In queste strutture chiunque ha la possibilità di essere se stesso, senza correre il rischio di subire violenza proprio laddove dovrebbe essere garantito il massimo del suo benessere ovvero in casa propria. Non va questa considerata una forma di ghettizzazione delle persone LGBT+. In primis perché nessun omosessuale, nessun transessuale, sarebbe prelevato da casa sua e costretto a rinchiudersi in questi luoghi ma potrebbe farlo, di sua spontanea volontà, in vista di qualche significativa minaccia subita in casa sua e da qualche parente o persona troppo vicina alla sua vita. Inoltre sarebbe solo uno strumento di tutela dell'individuo collegato però ad una rete di iniziative, atta alla sicurezza di ogni cittadino.

Nel senso che un'idea del genere potrebbe diventare una forma di isolamento spontaneo, di auto ghettizzazione, se scevra da altre due importanti operazioni. La prima è quella che abbiamo già in precedenza elencato. La legge deve comunque garantire la certezza della pene e sanzioni esemplari. Quando prima ho infatti mostrato quegli scenari, non l'ho fatto basandomi sull'idea fallace per cui esiste un diritto preventivo ed uno punitivo, l'uno contro l'altro.

L'ho fatto al contrario per ricordare che la Legge deve avere una duplice faccia e che ad oggi solo quella legata alla condanna viene presa in considerazione, dimenticando che la società viene costituita dagli individui in vista della loro sicurezza. Si tratta di un'impalcatura che i nostri antenati misero su, in vista di una tutela reciproca. Tuttavia ogni forma di prevenzione alla violenza, diventa una paradossale forma di prigionia, se non viene punito chi ci condanna a trovare un rifugio. Anzi se ci fossero solo queste case di accoglienza statali per LGBT ma anche per donne vittime di stalking e quant'altro, senza l'assoluta garanzia che il carnefice possa essere arrestato e severamente punito per le sue gesta, si scatenerebbe addirittura una reazione inversa, accentuando ossia la violenza che si tenta di lottare.

Perché il carnefice, forte del fatto che la giustizia si perderà in beghe burocratiche o sarà incapace di incastrarlo, per fare degli esempi, ma consapevole che l'oggetto del suo odio potrà fuggire di casa per trovare rifugio in una struttura statale preposta a ciò, potrebbe accentuare la sua furia ed accelerare il suo sanguinoso progetto.

Quindi lo Stato deve creare queste strutture e fare in modo che garantiscano agli ospiti condizioni adeguate di esistenza, sforzandosi di mantenere sempre la certezza della pena al di fuori di queste, affinché nessuno abbia la possibilità reale di far del male. Perché statali? Perché pagare le tasse significa mettere i propri sforzi in un calderone e vedere che da questi escano una serie di cose per tutti coloro che si impegnano nel versarci dentro il proprio denaro e quindi il proprio lavoro.
Tra queste cose spicca proprio la sicurezza. Le persone LGBT+ pagano le tasse come tutti quanti gli altri ma da questa società che loro stesso nutrono vedono arrivare solo violenza e privazioni d'ogni genere. Per la questione coperture le soluzioni ci sono, come ci sono per tante altre faccende, ma non è questo il luogo in cui discuterne.

Infatti esiste già qualche piccola sperimentazione relativa al rifugio per LGBT perseguitati e soggetti a violenza, ma è chiaro che i privati possono ben poco, avendo risorse decisamente limitate. Ovviamente col tempo gli individui che hanno chiesto rifugio lavoreranno al fine di sostenere la struttura ma ciò in parte sarà determinato da una certa spontaneità, legata alla natura umana di creare legami e affetti, riuscendo a costituire famiglie non parentali.

Queste case di rifugio statali come dicevano debbono reggersi su un duplice lavoro. Il primo è appunta la certezza della pene e il secondo invece risulta essere un lavoro culturale. La vera conquista non sarà garantire agli LGBT una sicurezza totale ma che un giorno queste strutture non abbiano più ragion d'essere. Nel senso che lo Stato, così come si fa carico della formazione del cittadino, informandolo anche su questioni che vanno al di là delle conoscenze tecniche, quindi i rischi del consumo dell'alcool, il rispetto della donna etc, deve operare per una significativa rivoluzione culturale.

L'omofobia viene frenata dalla certezza della pena, impedita nella sua forza violenta da strutture preventive ma viene distrutta solo dalla cultura. Perché lo sviluppo delle coscienze, la crescita culturale, rende inutile ricordare quanto odiare l'altro per la diversità significhi disprezzare tutto ciò che è diverso da un ideale inesistente. Perché chiunque è un fatto a se, indipendentemente dal suo orientamento, dalla sua identità, dalla sua provenienza. Non esiste una "razza ariana", ma una serie infinita di tipologie di persone, impossibili da incastonare in categorie predefinite.

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