Il nome del mio blog può essere spiegato affrontando anche
il primo degli argomenti che vorrò trattare. Anche perché è questa problematica
che sta alla base dell'intero progetto che sorregge questo spazio web. Il
Condominio sta infatti ad indicare il mio Io.
Nel senso che, quando ho cercato di capire quale argomento
volessi trattare in questo blog, mi sono reso conto che non potevo fare una
selezione così dura. Non posso certo parlare di tutto lo scibile, ci
mancherebbe altro. Eppure mi risultava assai affannoso rinunciare ad una delle
mie troppe passioni.
E questo termine è anche riduttivo. Perché se si fosse
trattato di soli interessi, sarebbe stato tuttavia un po' meno complesso fare
una cernita. Ed invece queste passioni hanno assunto col tempo le sembianze di
veri e propri pilastri della mia personalità e ancora più nel profondo della
mia persona.
Nel senso che se avessi voluto parlare di solo teatro, avrei
dovuto sacrificare il senso che per me ad oggi assume il drammaturgo e
l'artista in generale ossia il suo non poter più prescindere dall'impegno
sociale, civile ma sopratutto politico.
In parole povere, con un accenno di autoanalisi, mi sono
accorto che all'interno di me stesso, della mia persona non c'è di certo una
personalità ben precisa e definita, con una direzionalità ben precisata, bensì
un condominio, abitato da tutti i miei hobby e da tutti quei modi di fare che
sono associati a questi.
Perché quando mi ritrovo a parlare con una compagnia
teatrale ho un certo atteggiamento ed affronto certi argomenti, quando
chiacchiero con mia madre invece ho tutt'altre sembianze. E no, non si tratta
di maschere. Nel senso che non sono più ruoli che interpreta la coscienza,
soffocando l'Io.
Questo ormai è l'Io! Questa è la miglior definizione con cui
posso descrivere la personalità degli individui del XXI sec. L'Io del
postmodernismo o meglio ancora del suo tramonto è un Condominio. Perché non
sono più atteggiamenti che un individuo assume per poter essere adeguato al
contesto, quanto più tosto un modo di organizzare se stesso, un trarre fuori la
persona giusta, al momento giusto. Non è più parlare educatamente con adulti ed
essere scherzoso coi coetanei.
Qui si tratta proprio di essere l'appassionato di teatro fra
gli attori, il ragazzo di periferia fra gli amici con cui non si ha una
specifica passione in comune, ed altro ancora. E questo da cosa deriva? Perché
mai la frammentazione del Se, dal 900' ad oggi non solo non è morta, ma ha
completato il suo corso, fino a diventare una scissione vera e propria? Beh qui
c'è da chiedersi cosa abbiamo in comune con la società pirandelliana e cosa
invece è andato a diversificarsi, meglio ancora potenziarsi!
Ebbene se l'uomo del 900, con l'articolarsi della
società e del lavoro, della
partecipazione sociale e della morale, doveva imparare a comportarsi in maniera
adeguata a seconda del contesto, oggi si è inserito un aspetto inedito e
preoccupante sotto certi aspetti: lo strafare, il fare troppo, anche se non lo
si vuole!
Ad oggi una serie di aspetti ci spinge, già da bambini, ad
avere diversi confronti con varie realtà e con molti tipi di persone.
Innanzitutto in tanti oggi hanno una disponibilità economica tale da poter
nutrire le proprie passioni: iscriversi ad un corso di danza, frequentare club
e quant'altro.
E da bambini dunque abbiamo diversi comportamenti da
utilizzare per piacere, a seconda del posto in cui ci troviamo: la scuola, la
palestra, gli amici, il catechismo, la famiglia. Ovviamente la conquista
sociale per cui chiunque può godere delle proprie passioni, non è assolutamente
un aspetto negativo, ci mancherebbe altro.
Il punto è che crescendo entriamo in contatto con una
situazione, assolutamente estranea all'uomo del 900. Il percorso formazione -
lavoro infatti è andato a complicarsi, vi è stato un esasperato sviluppo
tecnologico e i rapporti sociali sono stati ampliati da luoghi di ritrovo
larghi e variopinti.
Innanzitutto crescendo scopriamo che per avere maggiori
probabilità di lavoro occorrono una serie di strumenti che vanno al di là della
formazione e delle proprie capacità: gli agganci giusti, l'esperienze da
curriculum, il lavoro sul campo ancor prima di lavorare, il sapersi rapportare
con quante più persone possibili, etc.
E dunque oggi un ragazzo viene spinto a frequentare
associazioni, fare lavoretti, prendere parte a piccoli contesti politici, etc.
E la situazione si complica con i lavori creativi e con le passioni artistiche
vere e proprie. Si va a creare una situazione a grappolo. Si creano contesti
diversificati che portano tra l'altro a conoscere gente, invischiate nella
stessa situazione, che ricevono da noi le nostre passioni, avendo la
probabilità di affezionarsi ad alcune di queste e lo stesso ovviamente, capita
a noi.
E ogni volta che ci buttiamo in un nuovo contesto, ogni
volta che tocchiamo, anche per un solo istante, una nuova comitiva, siamo
inconsapevolmente contaminati da nuovi interessi, nuovi desideri ma sopratutto
nuove strategia di comunicazioni, di essere e di piacere.
Poco fa ho usato il verbo "affezionarsi". Perché
il tranello di base è questo. Basta accendere la tv per distrarsi, guardare
magari uno sport per la prima volta, ed avere l'alta probabilità di
immagazzinare una nuova passione, da seguire, da amare ma sopratutto da
condividere. E ci leghiamo ai luoghi, alle persone e diventa duro separarsene,
non senza poi essere anche oggetti di piccoli sensi di colpa.
Altro aspetto, anticipato dall'esempio della tv, è proprio
lo sviluppo tecnologico. Avere a disposizione una serie di dati ed informazioni
provenienti da tutto il mondo è una gran conquista, nessuno lo può negare. Il
fatto però che questi ci espone di volta in volta a tanti modi di divertirsi e
di relazionarsi, alle espressioni che sono in voga per quel tipo di persone e
per quell'altro, ci spinge alla costante e affannosa ricerca del piacere agli
altri, di avere i giusti interessi in serbo, per quanto si dovrà incontrare
quella specifica persona.
Inoltre si ha la possibilità di scoprire con un solo click
tante discipline diverse, forme d'arte, di divertimento etc. Ed anche in questo
caso, vuoi per giungere ad una perfezione mai dimenticata, vuoi per
predisposizione umana, incorriamo nel rischio di voler fare tutto quel che ci
capita a tiro e ci piace.
E quindi facciamo troppo. Nel senso che non solo ci
impelaghiamo in troppe attività, ma nel senso anche che ci interessiamo a
troppe cose, seguiamo troppi programmi, cantanti, attori. Dobbiamo conoscere
tanta gente al quale saperci poi rivolgere al momento opportuno e con le dovute
modalità. Abbiamo la necessità di saper fare tante cose e di avere esperienza,
quando il mondo del lavoro è arida a fornirtene.
Ed è un male. Perché siamo deboli, confusi, manipolabili.
Siamo influenzabili, guidabili, incapaci di tenere a bada i nostri obiettivi. E
anche per me questo blog ha funzione catartica. Sto cercando quindi di dare un
senso unitario a tutto il Condominio che si è andato a formare in me.
Se d'altronde siamo incapaci di risolvere i nostri conflitti
interiori, quali possibilità abbiamo di convivere pacificamente con l'altro. E
allora cosa bisogna fare? Innanzitutto imparare a dire di no a se stessi, saper
cioè rinunciare al troppo. Canalizzare le nostro forze, verso pochi e
selezionati obiettivi, al fine di rendere al meglio in ciò che davvero ci può
interessare ed essere utile.
E dare organizzazione alle nostre passioni. Sapere
ogni giorno cosa si fare, come e perché, sarà meglio di ricordare passo passo
cosa si vuol fare, rischiando poi di tralasciare cose importanti.
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RispondiEliminaa differenza di molti, una presentazione mi colpisce, anche se lunga ... tendo a leggerla tutta.
RispondiEliminaHo 74 anni, due divorzi alle spalle, figli, nipoti, ma ognuno a casa propria. Vivo solo e pienamente autosufficiente.
Ho avuto una vita piena, costellata di grandi soddisfazioni,m conoscenze poliedriche (so cosa so e soprattutto cosa non so), ottima memoria, e nessun rimpianto (anche perchè ritornassi nelle situazioni in cui ho fatto le mie scelte, con i dati del momento, rifarei la stessa strada).
Logico, pragmatico, ateo, ho allontanato tutti coloro che non si attenevano ad un certo schema di confronto.
Mi piace discutere, argomentare, e questo viene spesso confuso col desiderio di prevaricare.
Io espongo il mio punto di vista, e ne argomento gli aspetti che lo definiscono, accetto, se esiste (e purtroppo è difficile incontrare), argomentazioni contrarie, ed allora ricorro alle domande che possono essere rivelatrici di preconcetti e posizioni di comodo o semplicemente acquisite acriticamente.
E, di regola, le risposte non arrivano.
Dimostrazione lampante che, è troppo diffuso l'atteggiamento per il quale, piuttosto che rivedere qualche convincimento, si preferisce allontanare lo stimolo.
Ecco, in breve, questo son io, solo e stanco.
Non ho più desideri, se non la vicinanza sporadica di una donna, con la quale esprimermi, confrontarmi ...
non penso al sesso, ormai la virilità è un ricordo, ma desidererei quel senso di benessere che un contatto umano, legato ad un minimo di sintonia ed empatia, riesce a trasmettere.
Di altro non desidero proprio nulla ... e come recita quella bellissima frase :"come foglia attaccata al ramo, d'autunno".