martedì 7 agosto 2018

Cosa significa essere antimilitarista? Lo abbiamo chiesto a Luciano Russo


Se credete che i giovani siano estranei al fervore culturale del nostro tempo vi sbagliate di grosso. Tanti ragazzi si impegnano ma prima ancora si informano su determinati aspetti del nostro reale. Le nuove generazioni sono colpite da stereotipi pesanti e ingannevoli. Ad oggi invece i giovani portano con se tematiche inesplorate, anche perché sentono e percepiscono esigenze totalmente inedite.

A dimostrazione di ciò c'è l'intervista che Luciano Russo ha rilasciato per Il Condominio. Sui social si definisce vegetariano, pacifista ed antimilitarista. Se le prime due parole sono abbastanza note, l'ultimo vocabolo potrebbe risultare nuovo a tanti. In effetti rappresenta un ideale trascurato dai media italiani.

A questo punto occorre riportare la chiacchierata che ho fatto con questo ragazzo davvero in gamba.

1) Ti definisci non solo pacifista ma anche antimilitarista. Vogliamo capire meglio il significato di questi due termini e della loro connessione? In che modo manifesti questi tuoi ideali concretamente? Sei un attivista?

In ambito sia privato che pubblico, ritengo che sia "pacifista" ogni genere di soluzione fondata sul non ricorso alle armi, alla violenza fisica o incitamento a forme di nazionalismo. L'antimilitarismo è chiaramente quindi legato al concetto di "pacifismo" perché nel mio modo di concepire il mondo non vi è spazio per la violenza perpetrata da un individuo verso un altro. Non credo nell'esistenza della guerra pacificatrice perché la ritengo sempre e comunque una dimostrazione di forza. E la nostra storia ci dà molte dimostrazioni in merito.

Purtroppo vi è poco spazio concreto per lo sviluppo di queste due ideologie nel nostro paese, poiché culturalmente molto legato alle armi. Cerco di praticare attivismo in modo individuale.

2) In che senso pratichi attivismo in maniera individuale?

Cercando di aprire discussioni in merito nell'ambito familiare, delle amicizie ed altri. Ritengo che il confronto su certi temi sia fondamentale. Difficilmente accendendo la TV, aprendo un giornale o scorrendo la home di un social network si sente parlare di antimilitarismo. Quindi cerco di dare il mio contributo spiegando alla gente comune, quella che frequento e incontro ogni giorno, le mie idee. Il mio è un attivismo quotidiano nelle piccole cose.

3) Da cosa capiamo che il nostro paese è culturalmente legato alle armi?

Lo si capisce ascoltando le vecchie generazioni. Specialmente negli ultimi periodi, con l'apertura a una possibilità del ritorno della leva militare, noto con molto dispiacere che viene spontaneo associare la decadenza della nostra società al fatto che ai giovani non si insegni più il rispetto sotto le armi. A ciò io rispondo sempre sottolineando come la società odierna non sia nient'altro che il frutto di ciò che ha costruito chi è venuto prima: le vecchie generazioni, quelle che il militare l'hanno fatto. Per varie esperienze dirette posso dirti che come al solito in Italia si trova un capro espiatorio e si insabbiano decine di problemi diversi fra loro con un'unica causa scatenante che spesso non ha niente a che vedere con questi. Viviamo in un paese profondamente ipocrita e opportunista. Ho incontrato personalmente molti uomini di famiglia che hanno abbandonato le proprie mogli e i propri figli, che si sono macchiati di delitti efferati, che non hanno mai avuto rispetto per l'ambiente, che si sono lasciati andare all'abuso di alcol e stupefacenti, che hanno rubato e che non hanno mai fornito contributi culturali al nostro paese: tutti avevano fatto il militare.

Spesso ho fatto loro notare questa discrepanza quando volutamente li provocavo per ricevere una reazione: bene, ciò che ricevevo erano violenza verbale e tentativi di azzittirmi. Inoltre, un ultimo esempio che vorrei fornire partendo da una domanda: quando un ragazzo italiano non riesce a realizzarsi sul piano dello studio, cosa cerca di fare la sua famiglia? Di farlo iscrivere a concorsi dell'arma. Questo ha spesso dato vita a uomini dell'arma totalmente demotivati e non consapevoli del ruolo ricoperto. Non a caso un grave problema in Italia è quello relativo agli abusi di potere, purtroppo subiti anche sulla mia pelle.

4) Quali sono stati questi abusi? Cosa ti è successo?

Vivo in una città della provincia di Napoli, a una manciata di chilometri dalla costa; quindi per me è assolutamente normale scendere di pomeriggio per farmi una passeggiata e un bagno in spiaggia. Due anni fa ebbi esattamente la stessa idea con il mio allora fidanzato. Sono gay, sono consapevole della relativa arretratezza del sud Italia in merito alla questione "omosessualità" ma non ho mai avuto la necessità di nascondermi né avevo subito fino ad allora episodi di omofobia. Pertanto, come era da abitudine, anche quel giorno, usciti dalla stazione, ci incamminammo per mano verso la spiaggetta di un paese della costiera sorrentina. Dopo qualche metro notammo subito un ragazzo guardarci interdetto e piuttosto innervosito dal fatto che due uomini si tenessero per mano. Lo vedemmo dirigersi correndo verso una volante che era appostata su di una salita che conduce al centro. Noi dovevamo scendere, quindi andare nel verso opposto. Così facemmo, al che sentimmo sfrecciare dietro di noi un'auto che si rivelò poi essere la volante di prima. Parcheggiò di fronte a noi impedendoci il passaggio.

I due uomini in divisa cominciarono a rivolgersi a noi con toni assolutamente inspiegabili e per niente gentili. Puoi anche essere un militare, ma non ti puoi rivolgere in dialetto a due sconosciuti chiedendo: "Che jate facenne?" (Che ci fate da queste parti?). Ci fecero ogni genere di domanda, addirittura vollero farsi spiegare a voce come arrivare alla spiaggia perché secondo loro stavamo mentendo. Ovviamente ci furono chiesti i documenti e non scorderò mai lo sguardo di uno dei due quando risposi di non averlo. Minacciò sia me che il mio ragazzo di portarci via per controlli approfonditi perché a detta sua è illegale girare senza documenti di riconoscimento. Cercavano ogni modo per farmi innervosire e farmi cadere nel torto. Purtroppo per loro sono informato e so che i cittadini italiani in suolo italiano non sono obbligati a girare con un documento di riconoscimento, ma sono obbligati in caso di controllo a rilasciare a voce i dati. Esposi ciò e diedi i miei dati. Sottolineo che sono un ragazzo molto educato e mai mancherei di rispetto a una persona più grande di me. Fui congedato con: "Guagliò, 'mparate a te sta nu poco zitto" (Giovanotto, impara a stare un po' in silenzio).

 I motivi di quel controllo sono abbastanza palesi. Se fossimo stati una coppia etero non si sarebbero scomodati. Il tutto fu condito dal fatto che ci seguirono con la volante fino in spiaggia e risalirono con noi dopo quattro ore circa, senza perderci mai di vista. I maltrattamenti subiti da ragazzi omosessuali nell'esercito erano all'ordine del giorno durante il servizio di leva e ho purtroppo dovuto ascoltare testimonianze gravi anche da un cugino di mio padre. In quanto omosessuale e in quanto subisco indirettamente da quando sono nato una cultura cinica e maschilista, mi pare il minimo rifiutare tutto ciò.

5) In che modo si può scardinare questa cultura militaristica?

Educando le nuove generazioni al rispetto reciproco basato sul semplice principio di cooperazione in quanto tutti esseri umani. Bisogna investire in progetti di servizio civile integrati nei cicli di studio nel corso dell'intera vita del cittadino italiano. Tutto ciò deve essere compreso quindi nel sistema scolastico, in modo che certi valori di pacifico sostegno, aiuto e rispetto verso gli esseri umani, gli animali e il mondo vengano introiettati nell'individuo in modo graduale, abitudinario e non traumatico. Infatti credo che imporre a un individuo, a un certo punto della sua vita mesi di servizio civile o militare sia controproducente e non rispettoso degli equilibri costruiti fino ad allora dal singolo individuo e dalla sua famiglia. Il rispetto, quello positivo e non armato, deve diventare un'abitudine, non una esperienza di qualche mese. Ritengo che programmi di integrazione seri possano andare ad eliminare col tempo fenomeni quali il maschilismo e l'omofobia. Fin da bambini c'è bisogno di capire, accettare e rispettare le varie realtà che compongono la nostra società.

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