giovedì 5 luglio 2018

#Associazionismo: PensareFare


Continuiamo con la nostra rubrica #Associazionismo. Presentiamo oggi l'associazione PensareFare. A tal proposito volevo dirvi che questi ragazzi hanno avviato una campagna di crowdfunding. Stanno infatti realizzando un'interessante progetto cinematografico. Chiunque di voi può sostenerli cliccando qui.

Questa è l'intervista rilasciata dal presidente Salvatore Polizzi, regista e sceneggiatore partenopeo.

1) Mi parli della sua associazione PensareFare

PensareFare è un'associazione no profit fondata nel 2008 che ha sede a Napoli. Ci occupiamo di comunicazione attraverso video e filmati su temi che ci stanno a cuore. Ci esprimiamo tramite cortometraggi, documentari, video musicali, video art, interviste e filmati in generale. Abbiamo realizzato anche un lungometraggio dal titolo Napoli Underground. Abbiamo anche un nostro sito internet ovvero pensarefare.com ed un canale YouTube, il nostro portale più completo ed aggiornato. Ora stiamo lavorando ad una nuova serie tv, una docu - fiction: Il Gomorrista. La trama verte su aspiranti attori di genere "gangster". 

2) Vedo che fate tante attività. Da cosa sono accomunate? Lancio di talenti, riscatto, valorizzazione della città o altro?

Il simbolo della nostra associazione ricorda un Tao, formato dalla scritta pensare-fare. Per noi è importante comunicare un senso di equilibrio, il buon senso in generale. In questi tempi dove vediamo tanta superficialità da parte delle persone, le istituzioni e i mass media non aiutano. Quindi proviamo a dare una visione culturale alternativa a quello che viene offerto convenzionalmente alla gente. Itemi che trattiamo sono molteplici ma il nostro punto di vista è sempre nuovo e inedito. 

3) In che modo possiamo percepire questo squilibrio sociale?

Credo che siamo iperstimolati da un caos cognitivo. La società ci dà mille messaggi in contraddizione tra loro. Da un lato è bello, perché la realtà ha tante forme e ognuno esprime la propria esistenza come più gli aggrada. Purtroppo però solo alcuni aspetti vengono enfatizzati dalla comunicazione ufficiale. Quindi un individuo si trova a dover scegliere tra un numero tutto sommato limitato di modelli sociali. Chi si rifiuta o trova difficoltà a inserirsi in uno di questi modelli calati dall'alto, resta ai margini della società e non ha modo di esprimersi in quanto essere umano.

Per esempio la società  incoraggia ad esprimerci dal punto di vista professionale, ma quasi mai dal punto di vista strettamente umano. Naturalmente non abbiamo la pretesa e la presunzione di risolvere questo punto da soli; diciamo che proviamo a dare un nostro piccolo contributo attraverso i nostri video e la nostra comunicazione "alternativa".

4) Nelle vostre opere denunciate dunque questa condizione sociale? Se si in che modo?

In modi diversissimi tra loro! Abbiamo lavori molto differenziati, sia come stile sia come tema trattato. Diciamo che se c'è una cosa che accomuna un po' tutti i lavori, è una certa ironia (a volte più marcata, altre volte solamente accennata) dissacrante. Non abbiamo risposte semplici per dei problemi che a noi sembrano complessi

Vorremmo che fosse lo spettatore a ricavare la sua formula personale per superare questi problemi. Non abbiamo una soluzione da offrirgli, solo magari uno spunto per provare a farlo riflettere.

5) Le persone che hanno collaborato con voi hanno poi intrapreso una strada professionale dal punto di vista artistico?

Alcuni sì! Per realizzare un'opera audiovisiva è sempre necessario un gruppo. Nel tempo abbiamo coinvolto centinaia di persone tra operatori video, direttori della fotografia, fonici, attori, musicisti, danzatori, intellettuali, gente "della strada", ecc. Ognuno di loro ci ha dato qualcosa e mi piace pensare che che siamo riusciti a lasciare qualcosa ad ognuno di loro

6) Sul vostro sito vi definite associazione di controinformazione. Che significa?

Noi non facciamo informazione in senso stretto. Di volta in volta individuiamo un tema che abbiamo a cuore e sviluppiamo un lavoro video su quel tema. Può trattarsi di un tema di attualità, ma anche di un tema filosofico non strettamente legato agli eventi contingenti. Credo che la nostra narrazione sia sempre alternativa a quello che offre il sistema mediatico, e per questo utilizziamo la dicitura "contro".












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